STORIA DELLA CASCATA DELLE
MARMORE

(tratta da Barbarasa di Terni)

Nell'era quaternaria, in seguito ad una intensa attività vulcanica dell'agro reatino, le acque sorgive fortemente mineralizzate immisero nel Velino delle massicce quantità di carbonato di calcio che lo dotarono di un forte potere incrostante. Al contrario il fiume Nera (anticamente chiamato NAR) svolgeva sullo stesso piano una inversa attività erosiva, tanto che nel corso dei secoli si formò tra i due fiumi un forte dislivello. Il sempre crescente accumulo di travertino provocato dal Velino, finì per sbarrare la strada, e le sue acque crearono a quello che le fonti classiche chiamarono"LACUS VELINUS".Alle Marmore "il sasso cresce" lasciò scritto Plinio, il nome stesso della zona quindi deriva da "luogo ove cresce il marmo" indicando il ciglione dell'altipiano che gli antichi per la durezza e il colore bianco, definirono erroneamente "marmo", mentre localmente era definito"tartaro"oppure "pietra sponga". Numerosi rilevamenti archeologici, dal voc.Toro, al Cor delle Fosse ai dintorni di Piediluco, ci testimoniano la presenza d’insediamenti già alla fine dell'età del bronzo e la prima età del ferro.
Verso il 290 a.c. la sopra elevazione della rupe di Marmore era arrivata all'altezza attuale di m.165 e sino a quel momento, il corso del fiume Velino (chiamato dagli antichi Mellino) impaludava la pianura Reatina creando numerosi laghi; le acque raggiungevano il sottostante fiume Nera attraverso cascatelle e caverne d’origine naturale, detti localmente fossi o pozzi, ampliati poi durante i secoli per contenere le acque del Velino in piena.La maggiore di queste fosse era chiamata Cor delle Fosse, vi erano poi il Cor delle Stelle, il Pozzo di Collestatte o Fossa di Cocchi, la Fossa dei Paciani, la Fossa dei Castelli, la Fossa Colonnesi, la Fossa Cecchino, il Pozzo Pacelli, Pozzacchio e Pozzo Pinciano. Nel 271 A.C. il console Romano Manlio Curio Dentato che aveva già fornito prova di esperto idraulico, quando a seguito della vittoria riportata contro i Sanniti, addusse a Roma le acque dell'Aniene con apposito acquedotto. Dopo aver sconfitto i Sabini, avviò il progetto di liberare la pianura Reatina dalle grandi paludi per renderla una terra fertile.Si scavò così la cosiddetta Cava Curiana che apriva la strada alle acque del Velino formando la più alta cascata d'Europa.
Se quest’imponente opera idraulica portò sollievo alle popolazioni sabine, così non fu invece per gli Interamnati (Ternani) e per Roma stessa, in quanto il Cavo Curiano durante le piene non riusciva ad assorbire le acque del Velino che temporaneamente impaludavano sia la pianura Reatina che la




sottostante Valnerina,causando anche l'allagamento di Roma durante le contemporanee piene di Velino,Nera e Tevere.Perciò si verificarono azioni continue dei Ternani ad occludere il Cavo Curiano,di contro i Reatini per annullare le occlusioni ed aumentare la profondità del Curiano.
La storia della Cascata è ,che la storia di tali continue azioni ,sfociarono in aspri conflitti tra i due contendenti (Terni e Rieti) spalleggiati secondo le esigenze dal potere centrale di Roma.
Dal 271 A.C. al 53 A.C. non si descrivono situazioni di crisi,la prima di cui si ha notizia tramite Cicerone , è la lite che avvenne sotto il consolato di Domizio Enobardo ed Appio Claudio Pulcro. Avvocato dei Reatini fù Cicerone dei Ternani Aulo Pompeo; Roma inviò sul posto un colleggio giudicante costituito dallo stesso console Pulcro assistito da dieci Legati.Non si conosce il responso giuridico,ma dovette essere di piena soddisfazione per entrambi i contendenti,visto che nella raccolta archeologica Ternana si conserva il basamento di una statua eretta ad Aulo Pompeo perchè come dice l'iscrizione Aveva liberato il Municipio da sommi pericoli e gravi difficoltà;però anche Rieti vanta un simulacro a Cicerone.
Intorno al 15 A.C. ci dice lo storico Caio Cornelio Tacito , avvenne una grandiosa inondazione della valle Ternana e di Roma. Il Senato Romano preoccupato per gravi danni esortò l'imperatore Tiberio a prendere seri provvedimenti.Tiberio rimise l'argomento allo studio di due esperti cioè:Atejo Capitone e Lucio Arrunzio .Pare che allora si attuasse,sul piano delle Marmore ,un sistema di canali che portavano le acque di allagamento negli inghiottitoi e specialmente nel Cor delle Fosse che venne notevolmente ampliato prendendo il nome di Fossa Tiberiana : attualmente prosciugata,e la più interessate depressione pseudocarsica della pianura delle Marmore.
D'allepoca di Tiberio al XIII secolo,non si hanno notizie di nuove contese,ma certamente ci debbono essere state durante il medioevo,essendosi alzato il fondo del Cavo Curiano fino alla chiusura a causa dell'accrescimento nei secoli del travertino chiamato"tartaro" .
Erano intanto sorti castelli,ville e rocche da Labro a Piediluco ,a Moggio, alle Rocche di monte Sant'angelo e di Valle Fava , oltre a fortificazioni minori oggi scomparse, con la linea di confine tra Rieti e Terni che correva allora non ben definita sul piano delle Marmore.
La pianura Reatina tornò ad essere acquitrinosa; la valle del Nera era costellata anchessa di laghetti,dal lago Dell'Abadia sopra Ferentillo ai piedi della cascata.Dal XII al XIV secolo l'impaludamento crebbe con maggior frequenza,si ridussero le terre coltivabili, la malaria rese progressivamente inabitabili larghe fasce di territorio.




In quel tempo decadde e scomparve il monastero di S. Salvatore alle Marmore,che dopo un periodo di spendore ,dal X al XII secolo era passato in proprietà dell'Abazia di Farfa per donazione
dei signori Arroni proprietari di gran parte dei territori di Miranda , Papigno,Marmore,Piediluco,Labro,Polino,Arrone,Castel di Lago e tutti i luoghi di montagna sulla riva sinistra del Nera fino a Monteleone e Leonessa.
L'abazia di Farfa ,che per varie donazioni,possedeva larghe fasce di territorio,autorizzo nel 1277 a riscavare il Cavo Curiano e un canale di deviazione, ma anche questi lavori risultarono con il tempo inefficaci.
Occorrerà aspettare la fine del XIV secolo perchè si torni a parlare della bonifica dell'agro Reatino.Lo si farà prima nel 1385 poi nel 1409 per iniziativa di Reginaldo degli Alfani, nominato vicario di Rieti da papa Martino V,poi ancora nel settembre del 1416 i Reatini esposero a Terni l'intenzione di aprire un nuovo canale;il Consiglio Generale dei Ternani arringati da Andreasso castelli , si oppose.
Nel 1417 i Reatini occuparono la Rocca di Monte Sant'Angelo e iniziarono lo scavo del nuovo canale; il 3 settembre , le rifomanze di Terni riportarono l'arringa del banderaro Giovanni di Martalo di Vitalone,con la decisione di dare l'assalto alla Rocca delle Marmore invitando la popolazione ad andare a mano armata alle Marmore"a vincere o morire". Ripresa la Rocca di Monte Sant'Angelo ,si rimise la decisione delle risoluzioni da prendere, nelle mani di Braccio Fortebraccio da Montone,allora signore di gran parte del territorio della Chiesa fra cui Terni e Rieti.
Radunati i rappresentanti delle due città,a seguito del saggio suggerimento del ternano Giovanni Gregori, segretario del condottiero, Braccio dichiarò che non era lecito ai Reatini scavare un nuovo emissario, il quale avrebbe danneggiato il territorio ternano, senza il consenso di coloro a cui apparteneva il territorio di Marmore.
Si consentì quindi di scavare un nuovo canale che si chiamò sia Reatino che Gregoriano,costruendo però una torre che abbracciasse il Curiano e il Reatino,permettendo di regolare per mezzo di paratoie il deflusso delle acque per evitare danni ai ternani.Affido l'opera all'ingegnere bolognese Aristotele Fioravanti che dal 1417 al 1424 effettuò lo scavo del canale mentre la torre non si potè costruire, essendo sopraggiunta la morte di Braccio da Montone.Ripresero le liti tra Terni e Rieti già nel 1425 i due avversari si fronteggiarono alle Marmore : i Ternani cercavano di riempire il Cavo Reatino,i Reatini cercarono di impedirlo.Perfino i frati parteggiarono nella lotta,le riformanze di Terni riportano che il convento di San Pietro inviò quattro barili di "cellario" per ringargliardire i Ternani impegnati al Cavo Reatino.I ternani riuscirono a costruire anche una muraglia per impedire il passaggio agli




avversari,ma sempre nello stesso anno i Piedilucani alleati dei Reatini,L'abbatterono mettendo in fuga i Papignesi posti a guardia della stessa.
Nel 1451 alla presenza del popolo Reatino e Ternano,si posero i confini dei rispettivi territori,alle Marmore risultò al Porto Persico , mentre i Ternani tornarono a chiedere a Rieti di edificare la torre di regolazione delle acque del progetto Fioravanti .
Ancora nel 1459 i Reatini a mano armata tentarono di costruire un nuovo emissario ma furono fermati da Governatore dell'Umbria,residente nella stessa Rieti,su pressione del Consiglio Generale di Terni.Ancora nel 1494 sempre i Reatini iniziarono nuovi lavori per l'ampliamento del Cavo Reatino;ma questa volta furono fermati dal Papa, dopo che i Ternani avevano mandato a Roma una commissione di cittadini.
Nel 1499 Rieti e Terni strinsero un patto di amicizia per opporsi a Spoleto che intendeva spogliarle di alcuni territori; cosi nel settembre di quell'anno i reatini chiesero ed ottennero di liberare il Cavo Reatino dalle ostruzioni fatte in passato dai Ternani,nonche su proposta di Alberigo Camporeali,costruirono un diverticolo del Reatino,sfociante entro il Cor delle Fosse (così come al tempo di Tiberio).
Finita l'amicizia tra le due città,nell'estate del 1545 i due contendenti ,si fronteggiarono armati alle Marmore,ma il Magistrato di Terni,recatosi sulla linea del fronte scongiurò lo scontro e cercò di trovare un accordo tra le parti.Le trattative si dilungarono fino al 2 dicembre ed i Reatini non esibirono un Breve del Papa Paolo III Farnese che autorizzava la costruzione di un emissario più profondo del Cavo Reatino secondo il progetto dell'architetto fiorentino Antonio da Sangallo il Giovane ,che 11 dicembre 1545 era già a Piediluco per l'inizio dei lavori.
La nuova Cava,che non doveva arrecare danni ai Ternani,doveva sboccare in una grande ansa,più a valle della Curiana.Durante gli scavi si fece una grande scoperta archeologica , i resti del tempio di Nettuno di cui si trasportò a Terni la base marmorea con bassorilievi e iscrizione dedicatoria a Nettuno,che si conserva nella raccolta archeologica di Palazzo Carrara . Il Sangallo inviò a Cosimo I dei Medici blocchi di "tartaro pietra sponga"per ornare le fontane del giardino di Boboli . Durante i lavori i Ternani non mancarono di opporvisi, multando e arrestando quelli di Collestatte e Torre Orsina i quali avevano l'obligo di assicurare i viveri a quelli che lavoravano alle Marmore,finchè il Papa non inviò il Breve del 7 marzo 1548 con il quale cercò di sedare gli animi.Il Sangallo stesso che alloggiava prima in una osteria poi in una locanda di Piediluco,spediva continuamente lettere di disappunto per le cattive condizioni in cui era costretto a vivere, inoltre durante i mesi estivi numerosi operai che lavoravano ai suoi ordini,erano colpiti dalla malaria che infestava tutta la zona.






Il 26 settembre 1546 Paolo III di ritorno da un viaggio a Perugia,visitò Terni e il giorno successivo accompagnato dal Sangallo si recò a visitare i lavori alle Marmore, sostando poi a Piediluco ove i signori Poiani fecero gli onori di casa e la sera stessa ritornando a Terni il Sangallo cadde malato,e malgrado le cure del medico di Paolo III, morì la notte stessa forse di malaria o avvelenato dai Ternani.I lavori a Marmore furono portati a termine,e il 20 gennaio del 1547 si iniziò a rimettere l'acqua nel nuovo Canale Paolino chiudendo il Curiano.Fin dal mese successivo si ebbero nuovi problemi e a distanza di 40 anni l'agro Reatino tornò ad essere invaso dalle acque.Rieti domandò allora nel 1596 a Papa Clemente VIII che si riaprisse il Cavo Curiano,reso però più profondo e pendente dei precedenti.
Clemente VIII incaricò una commissione di architetti idraulici (padre Giovanni Rossi,Giovanni Fontana,Antonio Lupicini e Giovanni Maderno) per effettuare una ricognizione sul posto,poi con Breve del 9 agosto 1596 incaricava l'architetto Giovanni Fontana di riscavare la Cava Curiana la quale si sarebbe poi chiamata Cava Clementina, in forte pendenza negli ultimi 400 metri prima del ciglione.Mentre i lavori fervevano alacremente,il 24 dicembre del 1598 si verificò la più grande inondazione della città di Roma, facendo pensare alle Marmore come la principale causa dello straripamento del Tevere.I lavori furono subito sospesi,il Papa inviò una Commissione Tecnica che stabilì non essere dipeso dalle acque del Velino-Nera.Comunque la commissione ordinò che ,come aveva fatto Paolo III,anche sulla Cava Clementina si costruisse un ponte Regolatore con lo scopo di dosare il passaggio delle acque in caso di piena.
I lavori terminarono nel 1601 con la chiusura temporanea del Cavo Paolino,dove l'anno prima era stato completato il "muro delle due finestre".
Il Ponte Regolatore,per la verità non regolò il passaggio dell'acqua come previsto dall'architetto Fontana ,le acque del Velino passarono sempre tutte anche in occasione delle 15 alluvioni di Roma,dopo il 1598. Inoltre L'ampiezza e la forte pendenza della Clementina aumentarono la portata e l'urto delle acque sulla valle sottostante,che nelle piene raggiungeva un impetuoso volume andando ad urtare ad angolo retto nel punto di confluenza con il Nera.Quindi se il Fontana aveva risolto finalmente il problema relativo al prosciugamento della piana Reatina ora il rigurgito delle acque nella valle del Nera causò l'impaludamento della pianura da Collestatte a Ferentillo per circa 7 chilometri.Le popolazioni di Collestatte,Torre Orsina,Castel di lago,Arrone,Montefranco e Ferentillo reclamarono presso Clemente 8° che ordinò al Fontana di risolvere il nuovo problema.Si rimossero i blocchi dei tartari grandi e piccoli dal letto del fiume Nera, arginando con muri le sponde nei punti in cui erano più bassi.






Da allora in poi continuarono i sopralluoghi, i lavori di arginatura, lo scavo di nuovi canali senza risolvere il problema del rigurgito delle acque per cui le popolazioni della Valnerina continuarono a lamentarsi,per gli scarsi raccolti e per l'insalubrità dell'aria che faceva morire gli abitanti colpiti da miasmi malarici. L'11 giugno del 1782 Pio VI di ritorno da Vienna si fermò a Terni e ricevette i rappresentanti dei paesi della Valnerina,i quali chiesero seri provvedimenti per risolvere la secolare questione.A seguito di ciò il Papa provvide ad inviare sul posto architetti e magistrati in quanto il problema da economico era diventato anche giudiziale,poichè si temeva potessero derivare danni anche ai Ternani,Narnesi e Romani.I periti idraulici eseguirono varie rilevazioni,perizie e planimetrie raccolte da Mons.Francesco Carrara Segretario del Concilio;di Francesco Maria Gaudio idraulico,di Antonio Felice Facci ingegnere della congregazione delle acque,gli ingegneri Rapini e Cabral, del matematico Ximenes e molti altri. Pio VI incaricò quindi nel 1783 il Rapini a suggerire i rimedi:egli propose di ripristinare il Cavo Paolino,ma i contrasti che scaturirono da tale progetto ,consigliarono il Pontefice ad incaricare gli ingegneri idraulici Corelli e Bonati i quali dopo un attento esame,conclusero che era necessario protrarre la confluenza di una parte delle acque in un punto più a valle,riprendendo un'idea già accennata dal Facci nel 1753. Ma sul modo di eseguire i lavori ,ognuno presentò un progetto,i quali risultarono però entrambi irrealizzabili.Il Corelli prevedeva la deviazione dell'acqua mediante una galleria da farsi alla base della rupe sottostante la Specola o (casotto Pio VI) a colpi di cannone; il Bonatti coadiuvato dal Vici prevedeva la costruzione di una diga sul catino superiore.
Le comunità della Valnerina per sapere quali tra le ipotesi proposte da Teodoro Bonati e Giacinto Corelli fosse più facilmente realizzabile interpellarono i fratelli Pagani, abili costruttori di Terni,i quali a loro volta avanzarono un'ipotesi intesa a realizzare un canale ad angolo acuto,che avrebbe fatto defluire le acque del Velino in un punto più a valle con una spesa di solo 9000 scudi.Gli stessi Corelli e Bonatti riconobbero la validità del progetto sottoscrivendo un documento che consentì di far approvare il progetto Pagani alla Congregazione delle Acque. Il 19 marzo1786 l'ingegnere Marco e il Capo Mastro Vincenzo Pagani ,Stipularono un contratto con i paesi della Valnerina per l'esecuzione dell'opera;L'anno seguente il 27 marzo 1787 la Sacra Congregazione delle Acque approvò il progetto Pagani, i quali si unirono in società con gli aquilani Trocchi e Cecchetti .Quindi il 7 luglio successivo Pio VI ordinò la costruzione del canale che prese il nome di "Pio" e autorizzo il comune di Rieti a prelevare i 9000 scudi occorrenti ,tra i proprietari terrieri dell'agro Reatino.





Anche in questa occasione ,sia Terni che Rieti cercarono di opporsi alla realizzazione del Canale Pio che entrò in funzione nell'ottobre del 1790. Dopo appena un mese dalla sua apertura,una piena del Velino distrusse parte delle sponde del nuovo Canale che tra l'altro restò ostruito dalla caduta di numerosi massi di "tartaro".Ripresero più accese le proteste reciproche tra Terni e Rieti e dei comuni della Valnerina contro il Trocchi e il Cecchetti che erano rimasti gli unici appaltatori dei lavori dopo i dissidi con i fratelli Pagani,e contro la Sacra Congregazione delle Acque,finchè nel 1793 venne incaricato l'ingegnere marchigiano Andrea Vici ad effettuare un sopralluogo per vedere se era possibile recuperare l'opera. Il Vici fece effettuare alcuni lavori sulle sponde del Canale ,rimosse i tartari caduti riattivando il Canale Pio: il rigurgito delle acque cessò,le campagne della Valnerina tornarono fertili e la Cascata assunse l'aspetto che ha tuttora.
A ricordo del taglio diagonale del Pio VI si pose una lapide nel 1801 sulla rupe scavata,ma nel 1819,non si sa perchè la lapide fu trasportata sul ponte regolatore di Marmore dove si trova ancora.Dal 1781 i turisti sempre più numerosi,potevano ammirare da vicino l'imponente salto verticale di 80 metri della Cascata dal Casotto Pio VI, fatto costruire dal Comune di Terni il quale eseguì anche i lavori per il sentiero che dal Casotto Pio conduce a valle e che superato il fiume Nera porta i turisti al belvedere di Penna Rossa .Del progetto venne incaricato l'ingegnere Ternano Giuseppe Riccardi il quale utilizzò la scarpata ove anticamente scendevano le acque della Cava Paolina.
Lo stesso Riccardi operando lungo le sponde del fiume Nera per restaurare l'imbocco del Canale Cervino scoprì sotto le concrezioni del tartaro l'antichissimo ponte preromano del Toro nel 1819.
Durante i secoli,letterati e pittori di tutta Europa hanno lasciato una testimonianza della loro ammirazione per la Cascata,facendone oggetto di pregevoli opere grafiche,pittoriche poetiche e letterarie.
Specialmente nel 700 e 800 lungo il percorso del "Grand tour" artisti e studiosi riservavano almeno un giorno di sosta a Terni per recarsi alla decantata visione della Cascata delle Marmore.
Per quanto riguarda le inondazioni della valle di Rieti,causate dal Velino non cessarono,tanto che dopo l'unificazione nazionale gli ingegneri reatini Federici e Maranesi ,progettarono e ottennero con ordinanza ministeriale,la bonifica dell'Agro Reatino.Il progetto prevedeva tra l'altro l'approfondimento della Cava Clementina che a cusa del potere incrostante aveva risollevato il fondo del Canale.Nel 1865 il Comune di Terni protestò contro il ministero dell'Agricoltura e Industria,anche la società delle ferrovie romane e quelle delle miniere di ferro,reclamarono giuridicamente contro il Ministero,che non aveva competenza all'approvazione del progetto.




Nei decenni successivi si discusse ancora molto,ma si arrivò alla determinazione che le inondazioni non fossero causate dal Canale Clementino;L'ingegnere Bartoli di Terni nel 1916 dimostrò che per risolvere il problema bisognava operare fin dalla città di Rieti,allargando e approfondendo i canali di scolo della pianura Reatina.
Intanto però le acque del Velino fin dal 1890,vennero utilizzate a scopo industriale, autorizzando la deviazione delle acque alle Marmore ,utilizzando il Pozzo di Collestatte come bacino di decantazione,convogliandole in tubazioni di ghisa attraverso le colline di Cocchi,Penna rossa,Campolagni,Monte Magalotti,Valle,Pentima,fino allo stabilimento della Società degli Altoforni,Fonderie ed acciaierie di Terni.
Insieme alla "Società Terni" nei primi anni del 900 altri stabilimenti acquisirono concessioni come fonte per la produzione di energia elettrica,sorsero quindi le centrali idroelettriche di Marmore,Spoleto,Collestatte ,Terni,Cervara Papigno che nel 1922 divennero tutte proprietà della "Società Terni" cambiando il nome in "Terni Società per L'industria e l'elettricità" .
Nel 1927 poi la stessa società ottenne dal Comune di Terni la concessione venticinquennale dei diritti per lo sfuttamento delle acque del Velino.
L'anno seguente la Fossa Cor Delle Stelle fu in gran parte inglobata nelle opere di presa della costruenda Centrale di Galleto che entrò in funzione nel 1929 . Da quegli anni la Cascata delle Marmore restò chiusa e solo nel 1954 fra la Società Terni (che dal 1945 aveva assunto come simbolo proprio la Cascata) e la provincia di Terni,venne concordato un programma che permise di ammirare nuovamente la Cascata delle Marmore per alcune ore nei giorni festivi,mentre fin dal 1947 con l'istituzione della Festa delle acque , si potè rivedere solo per qualche ora.Il resto e storia di oggi ,in questi ultimi anni è cresciuto il tempo in cui i turisti possono ammirare il salto della Cascata ,ma è cresciuta anche a dismisura la vegetazione che di fatto nascondono una parte del primo salto.La moderna illuminazione inaugurata nel 1998 dall'Enel ha contribuito a rendere più suggestiva la visione nelle ore notturne,e le poste Italiane emetteranno un francobollo nel 1999. Si sono ora intrapresi i lavori di ristrutturazione e consolidamento della rupe della Cascata per rendere più interessante la visita al costruendo Parco della Cascata e scrivere ancora pagine su questa meraviglia del territorio Ternano.

da Saveri Silvano
Terni Settembre
1998